I primi dati macro di questa settimana sui mercati finanziari arrivano dal Giappone. Riguardano la produzione industriale e presentano luci ed ombre. Con inevitabili ripercussioni sulla valuta nazionale, ossia lo Yen.
Il Giappone e la produzione industriale
In base a quanto reso noto dal ministro dell’economia e del commercio nipponico, la produzione industriale relativa al mese di febbraio ha segnato una contrazione mensile dell’1,3%, rispetto a una stima preliminare di un calo del 2,1% e dopo un aumento del 3,1% rivisto al ribasso un mese prima.
I settori che hanno maggiormente contribuito al calo sono stati i veicoli a motore (-5,8% contro il 2,8% a gennaio), i macchinari elettrici e le apparecchiature elettroniche per l'informazione e
la comunicazione (-2,0% contro il 7,8%), le attrezzature di trasporto (-3,3% contro -5,1% ), petrolio e prodotti del carbone (-4,8%, dopo una lettura piatta a gennaio) e cibo e tabacco (-2,5%
contro 3,9%), pasta di legno, carta e prodotti di carta (-2,5% contro 2,9%).
Se consideriamo il dato anno su anno, la contrazione della produzione industriale è stata pari al 2%, dopo una diminuzione del 5,3% rivista al rialzo a gennaio.
Altri dati macro
Se dati così così sono giunti dalla produzione industriale, qualche segnale importante arriva però dal fronte commerciale. A marzo l'export è cresciuto del 16,1% su base
annua, dopo il calo del 4,5% del mese precedente. Quello evidenziato dal ministero è il maggior incremento dal novembre del 2017. Aumentano anche le importazioni, +5,7%
tendenziale dopo un aumento dell’11,8% nel mese precedente.
La bilancia commerciale ha registrato un avanzo di 663,7 miliardi di yen (6,11 miliardi di dollari).
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Yen in ascesa
Dopo i dati sulla produzione industriale, sul fronte valutario intanto lo yen giapponese ha guadagnato un po' di terreno rispetto al dollaro USA, scambiando ai massimi di
4 mesi. Cosa che ha scatenato l'interesse di chi negozia l'opzione vanilla put o call sulle coppie di
valute.
In realtà a incidere sul rapporto di cambio è soprattutto la debolezza del biglietto verde, in calo così come lo sono i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine a seguito
dei forti dati macro negli Stati Uniti la scorsa settimana.