Il meeting di politica monetaria della Federal Reserve si è concluso come ci si aspettava. La Banca Centrale americana ha lasciato i tassi di interesse invariati tra 0 e 0,25%, ma ha spianato la strada ad una stretta già nel mese di marzo.
La decisione della FED sui tassi di interesse
La FED ritiene che l'inflazione sia troppo elevata, visto che è ben al di sopra dell'obiettivo del 2%. Inoltre il mercato del lavoro ormai è solido e robusto.
Per questo ritiene appropriato ridurre gli stimoli economici messi in campo finora, e procedere con l'aumento dei tassi di interesse.
Questo scenario si concretizzerà a marzo, ossia dopo il completamento del tapering.
La riduzione del bilancio
Per quanto riguarda il bilancio di 8,9 trilioni di dollari, la FED comincerà la riduzione dopo l’aumento dei tassi di interesse. La banca centrale intende diminuire nel tempo le proprie partecipazioni in titoli, adeguando gli importi reinvestiti dei pagamenti principali ricevuti dai titoli detenuti nel System Open Market Account (SOMA).
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Crescita economica
Riguardo alla crescita economica, la Federal reserve specifica che i progressi nelle campagne vaccinali e l'allentamento delle misure restrittive saranno un'importante spinta per l'economia e l'occupazione. Altresì contribuiranno a ridurre la pressione inflazionistica.
Non è da escludere però che ci siano ancora rischi derivanti da possibile nuove varianti del coronavirus.
La Fed evidenzia inoltre che i settori colpiti in maggior misura dalla pandemia hanno denotato segnale di grosso miglioramento.
La reazione del mercato
Subito dopo la decisione della Banca Centrale americana sui tassi di interesse, il dollaro si è irrobustito. L'indice che misura l'andamento del biglietto verde rispetto ad
un paniere di altre valute principali, è cresciuto avvicinandosi a quota 97 oltrepassando così il massimo di un mese.
L'euro dollaro intanto viaggia in ribasso e si avvicina alla soglia di 1,12, come si vede sui broker opzioni binarie autorizzati
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Nel frattempo sono tornati a crescere i rendimenti dei Treasuries decennali, di nuovo oltre l’1,8%.