Debito pubblico, ecco chi sta messo peggio nel mondo. L'Italia c'è...

Uno degli incubi di ogni Governo è saper gestire e ridurre il proprio debito pubblico. O quanto meno non farlo aumentare. Il Fondo Monetario Internazionale ha definito una sorte di classifica con i paesi che sono afflitti dal debito pubblico maggiore. E non sono mancate le sorprese. Oltre al fatto numerico, conoscere questa graduatoria serve anche a comprendere alcune situazioni geopolitiche interessanti.

La classifica del debito pubblico

debito pubblicoRicordiamo che per debito pubblico si intende il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti economici nazionali o esteri, a prescindere che si tratti di individui, imprese, banche o stati esteri.


Ecco allora la classifica dei 10 paesi con il debito pubblico più alto stilata dal Fondo Monetario Internazionale. 1) Stati Uniti: 18.237 miliardi di euro 2) Giappone: 10.557 3) Italia: 2.407 4) Regno Unito: 2.345 5) Francia: 2.173 6) Cina: 1.684 7) Germania: 1.544 8) Olanda: 475 9) Belgio: 435 10) Austria: 305.

Una precisazione va fatta: il valore di Cina e Germania non contempla il debito degli enti locali, che altrimenti farebbe schizzare verso l'alto il valore. Inoltre la graduatoria non tiene conto del fatto che i paesi hanno dimensioni e numero di abitanti molto differente.

Il rapporto con il PIL

Per questo motivo c'è un'altra classifica che è ancora più emblematica, ovvero quella del rapporto tra debito e PIL. 1) Giappone: 200% 2) Italia: 132% 3) Stati Uniti: 115%. Quindi l'Italia schizza al secondo posto. Un dato per molti versi allarmante.


Chi detiene il debito pubblico italiano? Per lo più è in mano straniera, che arriva quasi al 30%. Le banche detengono il 29% e le assicurazioni il 21%. In quarta posizione c'è la Banca d’Italia con circa il 15% del nostro debito pubblico. Soltanto il %% invece è in mano alle famiglie.

Di fronte a questi dati non stupisce che la Corte dei conti abbia di recente puntato il dito contro il livello troppo elevato del nostro debito pubblico: "l’elemento di maggiore vulnerabilità dell'Italia impone alla politica economica, ben di più di quanto non derivi dai vincoli fissati con le regole europei sui conti pubblici, di proseguire lungo un percorso di rientro molto rigoroso".