Web Tax, tutto pronto. I colossi di internet pagheranno l'8%

Sulla web tax ormai ci siamo. Almeno una decina di paesi della UE sono d'accordo a introdurla. Ne hanno parlato i ministri delle finanze a Tallin (Estonia), e succederà ancora domani a Lussemburgo. Il peso maggiore lo hanno senza dubbio i pareri favorevoli di Italia, Francia, Germania e Spagna. Il percorso è così lanciato che da ambienti di governo trapela la sicurezza che nella Finanziaria per il 2018 ci sarà una tassa per i giganti del web. Verrà introdotta però tra un po', soltanto durante l’esame parlamentare. 

Due ipotesi tecniche sulla web tax

web taxRiguardo alla web tax ci sono due possibili opzioni tecniche. La prima prevede di imporre un’aliquota pari a circa l’8% a tutti i big della rete che non hanno stabile organizzazione in Italia. Per far capire cosa significherebbe: la web tax così ipotizzata avrebbe triplicato le tasse 2016 di Facebook Italia (da 260mila euro a 744mila, su 9,3 milioni di fatturato) e anche quelle di Twitter (da 170mila euro a 408mila, su 5,1 milioni di fatturato della divisione italiana). Sarebbe l'ipotesi da realizzare in modo tecnicamente più semplice, ma senza controlli adeguati non produrrebbe gli effetti economici sperati. Come si fa a far emergere i fatturati effettivamente prodotti in Italia?

 

Ecco allora la seconda opzione tecnica. se l’azienda ammette volontariamente di avere una stabile organizzazione nel nostro paese, allora dovrà pagare l’Iva dovuta. Strada più semplice, ma con un doppio rischio: violare i principi di equità e forse anche incostituzionalità.

 

C'è poi un altro problema. Google ha accettato di pagare le imposte non versate dopo aver fatto un accordo con l’Agenzia delle Entrate. Questo accadde dopo una approfondita indagine della Guardia di Finanza che aveva accertato centinaia di milioni di imposte non versate tra il 2002 e il 2015. Accettando di pagare 306 milioni, Mountain View ha di fatto ammesso di avere una stabile organizzazione in Italia.