Lavoro, studio Bankitalia: i robot non rubano i posti, ma ostacolano l'ingresso dei giovani

Non c'è dubbio che la diffusione sempre più ampia della robotica abbia cambiato gli scenari del mercato del lavoro. Ad approfondire il tema delle conseguenze dei robot sull'occupazione è uno studio pubblicato da Banca d’Italia.

Effetti della robotica sul mercato del lavoro

lavoroLa teoria secondo la quale i robot avrebbero provocato un brusco calo dell'occupazione, perché le macchine sanno fare bene e più velocemente il lavoro dell'uomo, non regge. Nello studio di Banca d’Italia viene fatto notare infatti, che l’avvento della robotica ha perlopiù cambiato la redistribuzione dell’occupazione, ma senza colpirla più di tanto. Secondo questo studio, l'equazione robot = licenziamenti non è affatto vera. Infatti negli ultimi anni, su 1.000 dipendenti ci sono 5 posti di lavoro in meno, ma quel che conta di più è il motivo di questi posti di lavoro in meno.

Meno disponibilità di posti

Secondo lo studio di Bankitalia, la diffusione della robotica ha portato a un progressivo restringimento dei flussi d’ingresso dei nuovi lavoratori. In sostanza, i più giovani hanno maggiori difficoltà nell'entrare nel mercato, perché sono diminuiti gli stessi posti di lavoro disponibili in fabbrica.
Il cambiamento di cui parla Bankitalia peraltro è stato trasversale, nel senso che ha riguardato sia il settore manufatturiero (quello più esposto) sia il comparto dei servizi (al contrario il meno esposto).

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Italia, Europa e Stati Uniti

Se guardiamo al panorama europeo, il nostro Paese è quello che assieme alla Germania vantare il maggior numero di robot nel mercato del lavoro. Ma anche in Germania questo non ha comportato un automatico calo nell'occupazione. Questo accade invece negli Stati Uniti, dove però ci sono minori livelli di protezione per i dipendenti e una maggiore mobilità.

Riguardo ai singoli settori, se è vero che la robotica ha interessato in modo trasversale il mercato del lavoro, è altrettanto vero che il settore automobilistico e quello metallurgico sono i più coinvolti, così come l’industria alimentare e il comparto della plastica.