Bitcoin mossa azzardata di El Salvador: Moody’s taglia il rating

Il Bitcoin non salva El Salvador, almeno agli occhi di Moody's. Anzi, lo penalizza. L'agenzia di rating ha infatti tagliato il giudizio sul paese centroamericano, che qualche settimana fa era balzato agli onori delle cronache finanziarie, per aver adottato la più famosa della valute digitali come moneta con corso legale.

Moody's, El Salvador e Bitcoin

bitcoinIl Congresso nazionale salvadoregno approvò la proposta di legge presentata dallo stesso presidente Nayib Bukele, e che tanto fece discutere la comunità finanziaria (e le altre banche centrali).


Finora avevamo visto il Bitcoin come uno strumento per fare trading, magari con i Cfd contratti per differenza. Quella di El Salvador invece è stata la prima volta che il Bitcoin è diventato una moneta vera e propria.

Da Moody's è giunta la prima risposta ufficiale da parte di un’istituzione finanziaria internazionale. Ed è una bocciatura secca.
Infatti il rating sovrano del Paese è stato infatti declassato da B3 a Caa1. Allo stesso tempo, l'agenzia di rating ha cambiato l’outlook da “stabile” a “negativo”.
Cosa ancora più eclatante, questa bocciatura ha a che fare proprio col Bitcoin.

Troppa incertezza causa instabilità

Secondo Moody’s infatti, la criptovaluta minaccia la stabilità macroeconomica del Paese, e per di più sta creando delle tensioni con gli USA (un partner fondamentali) e il Fondo Monetario Internazionale (che subito avvertì dei rischi di quella mossa).
E' in special modo con quest'ultimo che il rapporto s'è fatto più teso, dal momento che El Salvador stava negoziando un prestito da 1 miliardo di dollari. Difficilmente, se non cambieranno le cose, questo finanziamento verrà concesso.

 

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Anche il mercato obbligazionario disapprova

Se la decisione di Moody's è la prima formalmente legata a Bitcoin, bisogna evidenziare che sin da quando venne varata la legge in questione, il mercato non la prese affatto bene.
Da quel momento infatti i bond in dollari con scadenza aprile 2032 sono crollati del 20%, facendo schizzare il rendimento sopra il 10%, ossia un livello impossibile da sostenere per rifinanziarsi sui mercati. Anche le scadenze più brevi hanno seguito più o meno lo stessa sorte.
Questo ha spaventato gli obbligazionisti, perché se non arrivassero nelle casse statali i fondi dell’FMI, potrebbe essere assai difficile vedersi ripagati.